Nardò e le sue marine

Nardò, Santa Maria al Bagno, Santa Caterina e Porto selvaggio

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Nardò

Nel cuore e nell’anima, Nardò nella sua terra accoglie le forme sinuose del barocco. Mai banale, mai retorico, ma sempre armonioso, attrattivo, vorticoso. È così il centro storico di Nardò che conta sul territorio più grande del Salento per ammaliare il viaggiatore ma non solo. Perché in fondo, diciamocelo, come si può non innamorarsi sempre di tanta bellezza?

Nardò è il secondo tra i centri del Salento, un salotto elegante e appassionato come i cuori che pulsano in petto. La sua storia inizia molti secoli fa ma oggi è ancora divisa tra leggenda e verità, si racconta che a decretare la sua nascita sia stato un toro che si è messo a raspare la terra con vigore, fin quando non è sgorgata una foce d’acqua, lì dove oggi si trova la fontana monumentale di Piazza San Domenico. Grande in diverse battaglie, ha conosciuto però anche periodi di oscurità. Nuovi secoli di splendore sono arrivati con l’arrivo dei Normanni, che ampliano l’abbazia basiliana e costruiscono il Palazzo dei duchi Acquaviva. Il terzo capitolo della storia di Nardò si svolge nella marina di Santa Maria al Bagno, che nel secondo dopoguerra allarga le braccia e si fa campo d’accoglienza per tutti gli uomini e le donne che sono stati salvati dai campi di concentramento nazista. Nel 2005 il Presidente della Repubblica ha assegnato alla città di Nardò la medaglia d’oro al merito civile.

La famiglia Acquaviva è stata la più importante tra i feudatari di Nardò, tanto che il palazzo che apre il centro storico porta ancora il loro nome. Voluto e realizzato da un uomo potente e valoroso, il duca Giulio Antonio Acquaviva. Un nome, questo, inciso nella storia del Salento perché è stato il comandante in capo alle truppe che hanno liberato Otranto dai turchi. Austero, imponente, eppure essenziale, questo Palazzo non ha bisogno di grandi fregi per essere ricordato. La sua imponenza lo contraddistingue, in alto lo circonda una merlatura che ricorda le storie dei grandi cavalieri medievali. Oggi è sede del municipio ma al piano terra si trova la mostra permanente dedicata al poeta Vittorio Bodini. Il grande giardino che un tempo era di pertinenza del Palazzo oggi è un luogo aperto al pubblico e separato dall’ultimo pezzo di fossato strappato ai cambiamenti del tempo.

A Nardò il cuore pulsa in Piazza Salandra, è qui che si trova la guglia dell’Immacolata, voluta dai cittadini come protezione, dopo il terribile terremoto che nel 1743 ha devastato il centro storico. Tutt’intorno la circonda l’abbondanza del barocco leccese, che trova espressione nel Palazzo della pretura e in quello del Sedile, che in passato era il centro della municipalità. 

Addentrandosi verso via del Duomo ci si trova davanti alla Cattedrale di Santa Maria Assunta. Una dama d’altri tempi che porta senza fatica il peso dei suoi secoli. Costruita come abbazia basiliana nel 1088, con l’arrivo dei Normanni e l’aiuto dei frati Benedettini, è stata rivista e ampliata, fino ad essere trasformata in una cattedrale. Tre file di colonne dividono l’ambiente in tre navate, permettendo allo sguardo di spaziare all’interno del prezioso patrimonio d’arte sacra. Tra questo un’opera di grande pregio è il Cristo nero, che deve il suo nome al pregiato legno di cedro con cui è stato realizzato. 

Si racconta che la culla di Neretum, oggi Nardò, si trova in Piazza San Domenico, qui dove l’acqua zampilla ancora oggi da un’antica fontana. La Piazza prende il nome dal convento che si trova qui e dalla chiesa, nota anche per la sua enigmatica facciata con le raffigurazioni di cariatidi e figure umane. Un altro luogo ancora misterioso è il tempietto dell’Osanna di cui non si conosce la funzione originale.

Santa Maria al Bagno

Subito dopo Gallipoli si incontra Santa Maria al Bagno, una marina piccola e graziosa che racchiude luoghi unici. Lungo la suggestiva litoranea si trova la montagna spaccata, una località dipinta dalla natura e resa insolita dalla mano dell’uomo. Qui un piccolo sperone roccioso è stato diviso in due parti per permettere il passaggio della strada ed è diventata, con il tempo, meta prediletta per gli amanti dei tuffi e dello snorkeling. I fondali sono uno spettacolo e si incontrano varietà di pesci dai colori brillanti. L’unico neo è che si tratta di un punto di difficile accesso al mare e per questo sconsigliato alle famiglie con bambini piccoli. 

La piccola spiaggetta di Santa Maria al Bagno è abbracciata da un lungo mare su cui si affacciano caffè e pasticcerie, che rendono piacevole fare una passeggiata nelle stagioni più fredde. Lasciandosi alle spalle questo lembo di sabbia, si prosegue seguendo la linea del mare e incontrando un’aguzza scogliera, fino a raggiungere le Quattro colonne. Tra le torri costiere del Salento, questa è sicuramente la più originale. Si tratta di una vera e propria costruzione fortificata, con quattro torrioni angolari e una merlatura che ricorda i castelli medievali. Come le altre, anche questa torre è stata costruita nel ‘Cinquecento per allontanare la minaccia saracena. Negli anni ha subito piccoli crolli ma non ha perso il suo fascino. 

Poco prima di incontrare le quattro colonne si trova il Museo della Memoria e dell’Accoglienza. Subito dopo la Seconda guerra mondiale questa piccola marina ha allargato le sue braccia per accogliere i superstiti dei campi di concentramento nazista. Non è stata l’unica località ma qui è stato allestito il campo più grande, che comprendeva anche la villa Vescovile delle Ville Cenate e altre dimore private. Passeggiando oggi tra i corridoi e le stanze di questo museo ci si immerge in una storia che in pochi conoscono e si possono ammirare anche i murales dell’artista Zivi Miller, realizzati durante il periodo trascorso qui. 

L’ultimo dei luoghi da non perdere è l’Acquario del Salento. Una volta dentro vi sembrerà di essere stati catapultati nei fondali marini. Qui sono stati riprodotti tutti gli ambienti del mare e si possono ammirare la flora e la fauna tipica del Mediterraneo. I pesci e gli animali acquatici sono ospiti dell’Acquario solo per poco tempo perché vengono reimmessi in libertà, contando sul supporto dei pescatori locali.

Santa Caterina

Risalendo lungo la litoranea si trova la marina di Santa Caterina con la sua Torre dall’Alto, una torre d’avvistamento posta su due piani e una scalinata esterna molto bella. La torre si trova su un promontorio aguzzo a strapiombo sul mare e questo l’ha resa suggestiva e adatta a diventare scenario di storie leggendarie. Una, ad esempio, è legata alla dama che per sottrarsi allo ius primae noctis, si è gettata dal promontorio e si racconta che ancora oggi la si possa incontrare vestita di bianco, soprattutto nelle lotti di plenilunio. Questo promontorio è cornice di un paesaggio unico, il mare cerca di continuo di arrivare sempre più in alto con le sue onde e lo spettacolo è magico, soprattutto nei giorni in cui la brezza tira forte. Qui i fondali sono ricchi di pesci e animali di ogni tipo ma adatti a sub esperti.
Molto più tranquilla e rilassante è certamente la stanza dei bagni, un luogo scavato in parte dalle mani dell’uomo e in parte dalla forza della natura. Si tratta di una cavita rocciosa, fatta realizzare dalle nobildonne dell’Ottocento per potersi fare il bagno lontano da sguardi indiscreti e poter conservare così anche un incarnato candido.

Legate all’aristocrazia di un tempo lontano sono anche le ville delle cenate, un complesso di ville che si trova lungo la strada che collega Nardò a Santa Caterina e a Santa Maria Al Bagno. Questi sono luoghi che più di tutti esprimono la ricca fantasia dell’aristocrazia salentina vissuta tra l’Ottocento e i primi anni del ‘Novecento. Qui si incontra l’oriente e lo stile arabo della villa Maria Cristina Personè, il barocco e il liberty si mescolano senza soluzioni di contatto nella villa vescovile, protagonista della storia perché ha accolto uomini e donne salvati dai campi di concertamento. Qui si incontra anche la più singolare tra queste dimore storiche, Villa De Michele, tanto inusuale quanto bella da essere presentata in diverse riviste d’architettura. 

Qui si respira l’aria insolita di un ‘Novecento che ci è stato raccontato nel gattopardo, fatto di balli, ricevimenti e the guardando i belvederi. Oggi molte sono private ma resta sicuramente il fascino di un tempo che non tornerà.

Porto Selvaggio

Selvaggia e indomita, Porto Selvaggio è l’animo più autentico della costa ionica. Una scogliera aguzza e sinuosa che si cala nel mare limpido e cristallino, con un fondale che sembra dipinto da acquerelli turchesi. Seguendo il sentiero di una scoscesa pineta di pini d’Aleppo ci si trova davanti ad una baia abbracciata da scogli appuntiti, ideali per piccoli tuffi. La baia di Porto Selvaggio è un luogo rigenerante perché le sue acque sono attraversate da acqua sorgiva. Sorvegliante di questo luogo d’incanto è Torre Uluzzu, che guarda ad una piccola baietta incastonata tra dolci scogli. Qui tra le profondità delle rocce carsiche hanno trovato casa uomini preistorici, giunti in questo luogo migliaia di anni. Le tracce del loro passaggio sono state ritrovate nella Grotta del Cavallo e hanno ridisegnato una nuova geografia della Preistoria; infatti, è stato dimostrato che i segni ritrovati appartengono al primo Homo Sapiens d’Europa, conosciuto oggi come Homo Uluzziano. Le sue testimonianze insieme a quelle dell’Homo di Neanderthal ritrovate nella grotta di Capelvedere, a Santa Caterina, sono custodite all’interno della Museo della Preistoria di Nardò.
Qualche chilometro più lontano il paesaggio cambia e ci si trova davanti ad una piana arida, punteggiata da salicornia e dai profumi del mirto e del rosmarino selvatico. Siamo all’interno della Palude del Capitano, un luogo unico per la sua storia ma anche per le spunnulate, un fenomeno carsico che causa l’erosione del terreno, facendo spazio all’acqua del mare. La più grande delle spunnulate è un laghetto e qui che un capitano, vecchio lupo di mare, ha deciso di trovare riposo e ha costruito una piccola casa dove ha trascorso il resto della sua vita, senza rinunciare all’incanto del suono del mare che arriva dalla spiaggia del Frascone, l’unico punto in cui poter fare il bagno in totale relax. 

I colori e i paesaggi che si succedono, uno dopo l’altro non possono che lasciare d’incanto chiunque giunga in questo angolo del Salento, sottratto con tenacia alla cementificazione per salvaguardarlo nel 2006 è stato istituito il Parco Naturale Regionale di Porto Selvaggio e Palude del Capitano.

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