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Il barocco leccese

Quando si pensa a Lecce e al Salento non si può non far riferimento a quello stile così parti colare che è diventato simbolo del nostro territorio: il Barocco. Questo stile, che riguarda un po’ tutte le arti, si colloca in un periodo particolarissimo come quello della Controriforma e si protrae per quasi tre secoli. Trovò terreno fertile con la fondazione dei nuovi ordini religiosi che cercavano di affermare la proria autorità, attraverso la costruzione di nuovi edifici sacri o ampliando quelli già esistenti, e con i feudatari e le grandi famiglie nobiliari che volevano dare una nuova impronta alla città fino ad allora caratterizzata da architetture spagnoleggianti che risentivano dell’influenza del vicino Regno di Napoli.

Ecco che santuari, cattedra li, conventi, piccole chiese, palazzi nobiliari ed altre architetture civili adottarono il nuovo stile artistico che riusciva a coniugare fantasia e suggestione, senza urtare i simboli della fede. La più affascinante definizione di questo stile ci è fornita dal poeta salentino Vittorio Bodini nel componimento Lecce (Dopo la Luna 1956): «…un frenetico gioco/dell’anima che ha paura/del tempo,/moltiplica figure,/ si difende da un cielo troppo chiaro… un’aria d’oro/mite e senza fretta/s’intrattiene in quel regno/di ingranaggi inservibili fra cui/il seme della noia/schiude i suoi fiori arcignamente arguti/e come per scommessa/un carnevale di pietra/ simula in mille guise l’infinito».

Gli interpreti di questo stile, architetti, ma soprattutto scultori, capimastri, carpentieri, scalpellini hanno realizzato un patrimonio decorativo bizzarro: chiese e palazzi hanno visto le loro facciate arricchirsi di mensole, colonne angolari, doccioni decorati con grifoni, cariatidi, volute. Tra i nomi più conosciuti quello di Gabriele Riccardi, primo artefice della Basilica di S. Croce, voluta dai padri Celestini, e che ha posto la sua firma anche su altri monumenti di Lecce come S. Maria degli Angeli, San Marco ed altri palazzi.

Le sue opere si diversificavano da quello stile accademico voluto da Gesuiti e Teatini, che si rivolsero invece alle maestranze romane come Giovanni De Rosis o napoletane come Francesco Grimaldi di Oppido. Ma il più animoso e costante attore della fantasia barocca è stato sicuramente Giuseppe Zimbalo, detto lo Zingarello, che intervenne dopo il Riccardi assieme a Cesare Penna nel secondo ordine della facciata di S. Croce, e ultimò il Duomo e il campanile, rendendo suggestiva l’intera piazza che ne fa da sfondo.

Segni della sua arte, si possono ritrovare anche in altri monumenti sparsi un po’ in tutta la provincia Salentina: a Galatone nella Chiesa del SS. Crocefisso, a Gallipoli nella Cattedrale intitolata a S. Agata, a Martignano nel completamento del campanile della Chiesa di San Pantaleo e in altri centri non meno importanti.

Quando si parla di Barocco, si pensa spesso solo alle costruzioni architettoniche, che sono sotto gli occhi di tutti camminando per strada. In realtà questo stile interessa anche le splendide tele che adornano l’interno di chiese e palazzi. Opere di pittori che hanno dato il loro personale con tributo al nuovo stile come Giovanni Andrea Coppola, Niccolò Malinconico, Antonio Verrio e Oronzo Tiso a cui si deve gran parte della produzione pittorica del Seicento Salentino.